Devi sapere che la questione “provare gli apparecchi acustici” è davvero interessante.
Quando chiedo ai miei colleghi cosa ne pensano, tagliano corto dicendo: “È solo marketing” Io ho qualcos’altro da aggiungere.
La pratica di fare provare un prodotto prima dell’acquisto nasce negli Stati Uniti
Gli americani usano lo slogan: “Try before you buy” Ed è nato con le aste dei cavalli. Infatti, molti anni fa, i banditori d’asta si erano trovati di fronte ad un problema.
Alcuni cavalli, che sembravano meravigliosi, una volta portati a casa, si
scoprivano affetti da gravi problemi di salute.
Infatti in quel periodo vi era un’epidemia che dopo un periodo di incubazione affliggeva i poveri animali.
Questo problema ovviamente limitava le vendite e un giorno un banditore
d’asta piuttosto brillante ebbe un’idea che propose ai suoi acquirenti.
” se prendi un cavallo da noi, lo porti a casa e lo paghi fra 30 giorni, solo se è sano. se è malato me lo restituisci. Non corri nessun rischio !”
Non era solo una forma di marketing in quel caso ma era una forma di garanzia.
Gli Americani poi che sono dei maestri negli affari hanno iniziato a estendere questo concetto ai settori più svariati, incluso quello degli apparecchi acustici.
Il settore delle protesi per l’udito inizialmente non era di ambito sanitario ma commerciale
Come avviene adesso per gli amplificatori, anche gli apparecchi negli anni ’70 erano venduti con televendite (o con il porta a porta).
L’idea di provare gli apparecchi acustici quindi si sposava perfettamente con questo approccio commerciale molto aggressivo.
Quindi come spesso accade, con alcuni anni di ritardo, anche in Italia abbiamo copiato i nostri cugini d’oltre oceano.
Il risultato è stato che le multinazionali per anni hanno bombardato di pubblicità che promuovevano i 30 giorni di prova come offerta commerciale.
Il contesto è cambiato: gli apparecchi acustici sono dispositivi sanitari, è necessario laurearsi e diventare dottori audioprotesisti per fare questo lavoro, tuttavia…
…sembra assolutamente normale ancora oggi promuovere come offerta commerciale la prova dell’apparecchio, tanto che addirittura sono alcuni medici a prescriverla!!!
In generale il concetto che fa passare la pubblicità fatta a tappeto è:
“Vieni a provare gli apparecchi, è gratis non hai nulla da perdere”
Non è proprio così e ti racconto una storia per farti capire che rischi corri con la prova
La protagonista è una paziente che avevo visto qualche tempo per una consulenza.
Avevo visitato la signora Grazia (è un nome di fantasia) perché avrebbe voluto sapere da me quali modelli di apparecchi fossero stati più adatti alle sue esigenze.
Glielo spiegai. Alla fine della visita mi fermai li: non la spinsi all’acquisto degli apparecchi. Anzi la frenai.
Da quello che avevo potuto vedere la sua sordità era progredita velocemente e doveva ancora “digerire” la notizia.
Quindi non le feci pressioni e le suggerii di lasciar passare qualche giorno per tornare poi con maggior convinzione.
I giorni sul calendario volarono veloci e io non la rividi se non qualche mese dopo.
Ma il nostro incontro fu tutt’altro di quello che mi sarei aspettato.
Quando Grazia tornò da me era triste ed abbattuta.
Come era possibile ???
Non le avevo fatto pressioni perché desideravo rivederla motivata e carica di energia !!?
Glielo chiesi e il nostro dialogo mi chiarì subito le idee:
“Vedi, uscita dalla visita con te ho iniziato a pensare.
Mi ero autoconvinta che il mio cervello si stava rallentando, che non mi piaceva più stare con gli altri che il mio modo di invecchiare era di isolarmi e che ormai dovevo rassegnarmi alla mia età.
Poi però ho capito che non era così.
Forse il mio problema è solo che non sento bene.
Forse come molte altre malattie qualcosa si può fare per risovlerlo…”
Io risposi:
“Capisco bene, questa sono idee che hanno in molti purtroppo…”
Al che mi confessò quello che era accaduto veramente e che l’aveva resa così:
“In quei momenti, in cui probabilmente ero più debole, mi capitò di vedere una pubblicità che mi invitava a fare la prova di un mese.
Pensai di andarci, poi sarei venuta da te ma almeno mi sarei fatta un idea no? Cosa avevo da perderci?”
A questo punto avrebbe potuto terminare il racconto: queste storie le ho sentite decina volte.
Grazie si era convinta dopo il mese di prova ad abbandonare completamente l’idea di risolvere il suo problema di udito.
Questa cosa è molto grave, non aveva detto di no agli apparecchi acustici aveva detto NO alla sua vita
Lei sentiva di aver scelto in modo definitivo e con dolore di dire addio all’idea di curare la sua vita sociale e di pensare al suo udito.
La salutai pensando che la avrei rivista fra 7-8 anni ovvero se e quando il suo problema si sarebbe aggravato molto seriamente.
Purtroppo, in quel caso, il tipo di lavoro sarebbe stato molto diverso. Avrei dovuto cercare di salvare il salvabile.
Guarda qui la testimonianza di alcuni pazienti che hanno deciso di risolvere in tempo i loro problemi:
Analizziamo l’accaduto dal punto di vista tecnico
Conosco bene la collega che lavora alla concorrenza e che ha seguito Grazia durante la prova.
È una brava ragazza, seria e disponibile. La ritengo anche abbastanza preparata dal punto di vista tecnico.
Lavora per una azienda che ha fatto della prova il suo cavallo di battaglia (pubblicitario) e che quindi la fanno a tutti di prassi.
In questo caso la logica è ovviamente quella dei grandi numeri. Ogni 100 prove un certo numero ne va in porto.
A livello di bilancio non fa una piega.
Ma se andiamo a vedere nello specifico quelle non andate in porto ci potremmo rendere conto che c’è qualcuno, come Grazia, che addirittura ne ha avuto un esperienza controproducente
Qualcuno potrebbe dire addirittura dannosa.
Provare gli apparecchi acustici presuppone l’utilizzo degli apparecchi per un breve periodo ma è impensabile compensare in pochi giorni un danno uditivo pretrattato per diversi anni e a cui ci si è praticamente abituati.
Quindi questi periodi di prova hanno delle prassi standard che vanno mediamente bene ma che non possono essere considerate un lavoro fatto in modo minuzioso e mirato alle necessita del singolo paziente.
Vuoi sapere cosa le ho chiesto per capire se è andata effettivamente cosi ?
- Che prove oggettive hanno fatto ?
- Avevano utilizzato delle misure elettroacustiche con l’orecchio elettronico ?
- Che protocollo audioprotesico avevano scelto per lei ?
Ovviamente nessuna prova oggettiva e nessun protocollo. Non era una mancanza della collega ne sono certo. Ma avendo poco tempo e dovendo dare subito qualche risultato al paziente si deve per forza approssimare qualcosa in modo grossolano.
Ma quindi provare gli apparecchi acustici è sempre sbagliato ?
Chiariamoci io non sono contrario alla prova, anzi per alcuni casi specifici ne sono un sostenitore.
Ad esempio, con un paziente che usa già gli apparecchi da anni e vuole capire se ci sono tecnologie che potrebbero dargli un miglioramento pravore gli apparecchi acustici è un ottimo strumento. O ancora in altri casi, se sono IO ad avere delle perplessità con alcuni pazienti… devo come professionista proporla come strumento di indagine valutativa:
Mi permette di raccogliere informazioni e misurare i risultati prima di prendere qualsiasi decisione.
In conclusione la prova è una arma a doppio taglio e deve essere usata sapientemente. Se con gli utilizzatori esperti (chi usa giù gli apparecchi o casi molto particolari) è uno strumento che può essere utilizzato. Certo anche in questi casi la prova ha un gestione diversa dal normale:
- Si usano inseriti fatti su misura o standard?
- Usa subito un amplificazione più decisa o appena percettibile?
- Si spinge ad utilizzarli per molte ore o solo per poche al fine di abituarsi pian piano?
E queste sono solo alcune delle variabili, quindi come si potrà immaginare non è qualcosa che può essere trattato con leggerezza perché quello che è in gioco sono le speranza della persone.
In gioco ci sono le speranze delle persone: non possiamo e non dobbiamo illuderle.
Sono sicuro che Grazia avrebbe avuto grandi risultati con gli apparecchi con un percorso fatto ad hoc per lei e che la soluzione ideale per lei sicuramente non sarebbe stata quella di provare gli apparecchi acustici.
Ha una figlia giovane che vive a Londra e si sentono al telefono. Ama andare a bere un caffè con le sue amiche e qualche volta uscire a cena con sua marito.
Questa è la sua vita realizzata in anni di sacrifici e piccole vittorie personali. Ora quello che rischia è che questi piccoli momenti si polverizzino.
Parlare al telefono potrebbe diventare sempre più difficile, le telefonate con la figlia sempre più brevi e fredde. Credi davvero che non andrà così?
Durante il caffè con le amiche il rumore le impedirà negli anni di essere partecipe e diventerà la classica amica che siede con sorriso fisso senza dire una parola.
Ho visto tante persone finite in questa situazione dopo il rifiuto causato dal provare gli apparecchi acustici. Sono certo che avrei potuto aiutarla. Sono certo che le avrei evitato un simile destino.
Ho sbagliato a non insistere quando avrei dovuto. Purtroppo Grazia, mi sento di dirlo, è finita in una trappola, tesa da se stessa però.
Se avesse avuto le informazioni giuste avrebbe scelto in modo più consapevole.
Spero che con questo articolo di dare un piccolo contributo per evitare in futuro che altre persone cadano vittime di simili situazioni. Provare gli apparecchi acustici non è sempre la miglior soluzione percorribile.
Esorto infine tutti i colleghi ad assumersi la responsabilità di negare la prova qualora pensino che vada a discapito del paziente.
Vi garantisco che provare gli apparecchi acustici molte volte non può dare la reale percezione giovamento al paziente. In questi casi lo ritengo un dovere deontologico rifiutarsi di farle.
Dott. Enrico Zollia
Audioprotesista presso Pontoni – Udito & Tecnologia
Esperto nel metodo di sintonizzazione della voce Clarivox
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